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I valori di

Diani Barreto

WikiLeaks era un’organizzazione pionieristica che ha rivoluzionato il giornalismo; hanno reso disponibili al pubblico in una forma indicizzata e navigabile, alla stregua di un deposito pubblico di conoscenza proibita, grandi insiemi di dati alcuni dei quali contengono la prova di crimini di stato e crimini di guerra. Attraverso le loro pubblicazioni eterodosse, hanno potuto mettere in dubbio l’avvedutezza e le prerogative dello stato e lo stato ha dovuto rispondere a queste domande dopo una grande protesta del pubblico a seguito di queste pubblicazioni. Quattordici anni dopo il suo esordio, lo stato è adesso impegnato in una feroce caccia alle streghe per scoraggiare ogni forma di- quella che considera essere- attività giornalistica eretica. E’ allora che sono rimasta affascinata dal personaggio del fastidioso “latore della verità” e mi sono accorta di quanto coraggiosi, fragili e altruisti questi rari individui siano, a causa dei gravi rischi a cui vanno potenzialmente incontro per il resto della loro vita. Rischiano la vita, l’indipendenza, la libertà, la rovina economica, la messa all’indice, il fallimento del loro matrimonio, la tortura, la prigionia, la detenzione in isolamento, al fine di fare luce su verità scomode, per il bene pubblico. Daniel Ellsberg, la famosa fonte dei Pentagon Papers, ha inaugurato la pratica della denuncia di coscienza (whistleblowing) quasi 50 anni fa attraverso la sua comprensione profonda dell’importanza dei documenti completi per le rivelazioni di interesse pubblico. Lui è e rimane il padrino generoso di tutti i futuri whistleblower per l’eredità che ha lasciato; ma WikiLeaks ha effettivamente annunciato l’epoca del whistleblowing, un campo in cui mi sono ritrovata per caso, e a cui per la parte migliore di questi ultimi 9 anni mi sono consacrata come whistleblower io stessa, ricercatrice, attivista, militante e assistente. Michel Foucault nella sua opera “Discorso e verità nella Grecia antica” ci ha insegnato il termine “parresiazesthai” , dire la verità. Oggi questa “Parresìa”, o “discorso impavido” sembra essere diventato il più radicale atto di disobbedienza civile del nostro tempo, questo dire la verità in nome della Giustizia, o più fondamentalmente per riaffermare la Ragione e i più basilari fondamenti della moralità umana. Dire la verità è un atto di lesa maestà, un atto che offende i potenti mettendo in dubbio la legalità dei secondi fini, da un lato, e la legittimità della fabbricazione dei segreti e l’ossessione di classificare eccessivamente, dall’altro- una malattia che ci affligge oggigiorno nell’onnisciente culto oscurantista della sicurezza nazionale che regna impunemente-, sfidando sfacciatamente il loro predominio della narrazione, che è brandito da quelli che possiedono il monopolio del potere e dell’informazione. Non è stato sempre un sentiero facile da percorrere, ma sono grata perché ha arricchito immensamente la mia vita, regalandomi l’esperienza di interagire con alcune delle più brillanti- alcuni obietterebbero pericolose- menti della mia generazione e mi ha impartito lezioni di inestimabile valore sulla natura del potere, della verità, della corruzione, l’etica della politica, la compassione e l’indomita nobiltà dello spirito umano.
Portrait of Diani Barreto for Valid Values, a project about Julian Assange by Richard Lahuis